"U-boot" i battelli del mare sommerso a cura di Alessandro BELLOTTO
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La potenza sul mare |
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Ma le perdite degli U-boot non cessarono, a differenza di un tempo, in certi frangenti i comandanti non riuscivano a lanciare un solo siluro, seppure gli schemi di attacco venissero portati con la massima attenzione e seguendo le istruzione alla lettera. Dönitz decise allora di spostare i suoi mezzi in settori più tranquilli e forse meno pattugliati. In realtà si stava verificando quello che nello scacchiere delle operazioni poteva essere definito come una inversione di tendenza, cioè a dire: dopo più di 45 mesi di quasi incontrastato dominio nella guerra sottomarina, la Germania nazista, stava gradatamente perdendo quella che si può definire: la potenza sul mare. Man mano che i loro nemici potenziavano le loro armi e i sistemi di scoperta, l'aggressività dei sottomarini veniva sempre meno, nemmeno nelle zone considerate di minor rischio, oramai, essi non trovavano più scampo. Dönitz come l'Alto Comando avevano sottovalutato l'importante ausilio delle portaerei, tramite le quali si sopperiva alla limitazione del raggio di azione dei mezzi aerei trasportandoli direttamente nelle zone di operazione. Allo Stato Maggiore i grandi capi e, naturalmente lo stesso Hitler in persona, discutevano sul fatto di quanto gli U-boot avessero perso del loro potere offensivo. Un dato che nel 1943 probabilmente poteva dare ragione a Dönitz, risiedeva nel fatto che il Fùherer, sin dal principio, non acconsentì affinché la marina subacquea fosse dotata di un numero sufficiente di battelli, tali da poter essere decisivi... ora la realtà faceva intendere che oramai era troppo tardi. ... "non si può prendere in considerazione un rallentamento della guerra sottomarina... dovete insistere, l'Atlantico è la mia prima linea di difesa a Occidente". Con queste parole il Fùhrer protendeva assurdamente di continuare una lotta al solo scopo di tenere occupati gli alleati costringendoli ad un dispendio di tempo e di mezzi, distogliendoli così da altri obiettivi. ..."non posso permettermi di liberare queste forze interrompendo la guerra sottomarina". E così la flotta degli U-boot avrebbe continuato a combattere ad oltranza... anche se, giunti a punto in cui erano, Dönitz, stesse formulando l'idea, oramai lontana, sulla possibilità di concretizzare una vittoria finale. Ma ebbe il buon senso di tenerlo per se e, continuò stoicamente a sollecitare i suoi equipaggi. Solamente dopo la fine della guerra egli ebbe a scrivere: ... "la questione, semmai, era di sapere se i sommergibilisti avrebbero compreso l'amara necessità di conseguire un successo decisivo, e se sarebbero stati disposti a combattere per puro senso del dovere e senza speranza di ricompensa". E la risposta senza ombra di dubbio non poteva che essere affermativa. La fede di questi uomini era incrollabile ma oramai non poteva più tener testa alle forze contrastanti che nel tempo si erano schierate contro di loro. L'Atlantico venne abilmente suddiviso in settori operativi, in ognuno dei quali operavano le forze di un singolo paese alleato; a partire dal gennaio di quell'anno, nel solo settore del Sud Atlantico le forze della Submarine americana, su 489 U-boot dislocati nell'oceano, ne distrusse ben 93, e sempre con l'impagabile ausilio di "Ultra" capitanata da Winn. A questo punto delle vicende, Dönitz, cambiò le sue tattiche, ancora una volta lo stratega tedesco cercò di cambiare le carte in tavola abbandonando la caccia in branco e assegnando a ciascun battello delle missioni individuali e, possibilmente, rimanendo in immersione il più a lungo possibile. Quella sul perdurare in immersione, derivava dal fatto che l'U-boot sarebbe sfuggito al suo aggressore, l'aereo, molto più agevolmente che non attaccando in superficie per poi immergersi. Ma come era possibile realizzare di rimanere in immersione oltre un certo numero di ore senza avere problemi di saturare l'aria ?! Ebbene: ciò fu reso possibile grazie all'utilizzo di un nuovo strumento lo, "Schnörchel" (vedi nota). Fu una soluzione più che soddisfacente e di notevole portata, che permetteva agli U-boot di navigare in immersione potendo aspirare aria fresca dall'esterno e, oltre a ciò, consentiva loro di poter usare i Diesel sia per navigare sia per ricaricare le batterie. Questa innovazione che fu introdotta negli U-boot a partire dal Gennaio del 1944, la si può considerare come una sorta di rivoluzione tecnologica e tattica nella guerra sottomarina, che proiettò questo mezzo in avanti aumentandone la sua potenzialità. Il solo problema che si manifestò parallelamente contrario, fu la esasperante lentezza con cui gli "Schnörchel" venivano installati. Nel Giugno del 1944 oramai alla vigilia dello sbarco in Normandia, avvenuto poi il 6 Giugno, solo una trentina circa di U-boot erano stati dotati della nuova attrezzatura, troppo pochi per affrontare operazioni su fasta scala. Nemmeno durante il D-Dey, nessun U-boot si avvicinò alla forza di invasione, anche perché, sia Dönotz sia l'Alto Comando Tedesco non sapevano con esattezza ne dove ne quando avrebbe avuto luogo il vero sbarco. Tutti pensavano ad una manovra diversiva, solo più tardi si resero conto di quanto stava accadendo. Solamente il il giorno dopo il grande ammiraglio fece uscire 15 U-boot da Brest, ma la disparità era tale da costringerli a desistere dai loro attacchi. Vi fu un solo e ultimo caso in cui un U-boot riuscì a penetrare nella zona destinata all'invasione e riuscì ad affondare una unità da carico... dopo di ché, più nulla. Lo sbarco delle forze alleate sulle coste della Normandia avrebbe significato che i porti nelle mani dei tedeschi ben presto sarebbero rientrati in possesso dei legittimi proprietari, ragion per cui, gli U-boot dovettero lasciare le coste francesi e ripiegare lungo le coste Norvegesi. Quello che ne conseguì all'interno dei porti francesi dopo lo sbarco alleato, fu un tafferuglio indescrivibile e fu un anticipo dello sfacelo che di lì a pochi mesi avrebbe dissolto la grande Germania e la sua egemonia di conquista. Le scene più eclatanti riguardarono sopratutto gli ufficiali imboscati nelle retrovie che pretendevano di imbarcarsi con prepotenza e, oltretutto, reclamando un posto per la loro concubina francese o pretendevano di trasportare le loro riserve personali di Cognac Napoleon o di champagne. Un'altro aspetto che vide coinvolti gli equipaggi degli U-boot furono gli innumerevoli tentativi di corruzione da parte di tutti quei collaborazionisti che ora temevano per la propria vita... tutti, nessun escluso, furono respinti e il 23 Agosto l'ultimo U-boot lasciò definitivamente il porto di Bordeaux.
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