"U-boot" i battelli del mare sommerso a cura di Alessandro BELLOTTO
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Ancora sorprese |
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Nel Febbraio del 1942 accadde un fatto un pò strano anche se pur non del tutto imprevedibile... "ENIGMA" improvvisamente sembrò non funzionare più, tutti i segnali divennero incomprensibili e nessun messaggio trovava più alcun riscontro. Cos'altro c'era che non andava ?! Karl Dönitz tempo dopo modificò la macchina "ENIGMA" modificando anche i codici denominati "Hydra" con nuovi codici riconvertiti in "Triton", gli esperti inglesi occorse ancora dell'altro tempo prima di decifrare il nuovo sistema di codici. Ancora una volta la mente dell'arguto Dönitz dava del filo da torcere agli alleati, e di fatto, in questo arco di tempo gli affondamenti aumentarono in modo esponenziale, passando da 800.000 Tonnellate nei primi mesi dell'anno a più di 1.400.000 nel trimestre successivo. Ma cosa avvenne in questo lasso di tempo in cui gli U-boot ritornarono a spadroneggiare ?! Semplicemente avvenne che gli alleati accumularono più mezzi e nuove tecnologie da mettere in campo, per di più gli Inglesi ricevettero i primi Liberator americani modificati, con maggiore autonomia e un nuovo tipo di radar molto più speculativo in fatto di individuare bersagli. A questo punto gli U-boot potevano essere raggiunti anche nel varco centrale dell'Atlantico dove prima potevano eludere più facilmente la sorveglianza. (vedi mappa) Come in tutte le cose e su tutti i fronti, bisogna ammettere che esistono anche altri tipi di eroi senza volto e che hanno avuto, da sempre, una importanza vitale nello svolgimento di qualsiasi operazione. Sono coloro che lavorano dietro le fila e che muovono i paraventi del palcoscenico. Se non ci fossero costoro con il loro lavoro apparente, il teatro degli avvenimenti non si potrebbe articolare in tutta la sua espansione. Ebbene, uno di questi personaggi che vale la pena di citare e il Signor Rodger Winn (vedi foto). Ma chi è il Signor Rodger Winn ?! Era un ufficiale della riserva inglese distaccato presso il servizio informazioni della marina ed era colui che con un ristretto numero di collaboratori, teneva sotto stretta sorveglianza tutti gli U-boot di Dönitz, o per meglio dire... quasi tutti. Bisogna osservare che i crittografi Inglesi, con l'ausilio della macchina "ENIGMA", riuscirono finalmente a venire a capo del sistema complesso di cui la macchina si serviva per elaborare i suoi testi, per di più, riuscirono a decifrare il sistema dei codici di "Hydra" avendo così libero accesso ai reali spostamenti degli U-boot, per cui il "Y Service" che captava tutte le trasmissioni radio del mondo, selezionava tutti i msg in codice diretti ai sommergibili e li dirottava al centro di Bletchley Park, qui venivano decifrati tradotti e inviati tramite telescrivente alla sala di controllo e coordinamento delle operazioni segrete, che si trovava nel sotterranei dell'Ammiragliato, proprio nel bel mezzo del cuore di Londra. Ecco: qui le informazioni diventavano di competenza del nostro Signor Rodger Winn. La sua sezione era denominata "Special Intelligence "Z" e "Fred" ma col tempo finì per essere chiamato "Ultra", e le informazioni segrete che ne uscivano erano inviate direttamente al Comando Supremo Operativo, e risultarono essere la base essenziale per dirigere le operazioni in mare e fu senza dubbio un'arma micidiale per conseguire la vittoria finale. Sir Winston Churchill definiva le informazioni di Winn "uova d'oro" proprio a causa della preziosità che esse contenevano. Dopo che Dönitz ebbe modificato la vecchia "ENEGMA" portando da tre a quattro i dischetti interni che fornivano le varie combinazioni e modificato i codici di accesso, anche i crittografi Inglesi a tempo debito riuscirono a riconquistarne la padronanza e dal quel momento ricominciarono i guai. Siamo oramai agli inizi del mese di Maggio del 1943 ed un convoglio composto da 38 navi si trovava a circa 500 Miglia a Est di Capo Farewell in Groenlandia; nonostante i numerosi Iceberg alla deriva, un branco di 20 U-boot lo stava aspettando al varco subito coadiuvato da altri 11 battelli accorsi come rinforzo; la scorta era composta da una fregata quattro corvette e due pescherecci per il salvataggio, a queste, si aggiunsero poi altre cinque cacciatorpediniere provenienti da Terranova, più tardi, furono inviate in zona altre tre fregate della classe "Pelican". Fortunatamente i forti venti di burrasca che per giorni avevano investito il convoglio cessarono, questo permise agli idrovolanti della Royal Air Force Canadese di alzarsi in volo... il tutto ovviamente venne coordinato a seguito degli input del Signor Winn infatti, il convoglio contrassegnato dalla sigla ONS-5, venne opportunamente allertato e proseguì la sua rotta zigzagando. Il 4 Maggio l'U-630 venne subito attaccato e affondato da uno degli aerei, ma durante la notte cinque mercantili vennero affondati, all'alba del giorno 5 però la corvetta "Pink" affondò l'U-192 a scapito di altri quattro mercantili affondati, nel frattempo, la corvetta "Loosestrife" inseguì e affondò l'U-638 mentre il cacciatorpediniere "Vidette" attaccò l'U-125 con un nuovo tipo di arma, il porcospino, e lo affondò. Quest'ultima scoperta bellica consisteva in un mortaio installato a prora della nave, ed era munito di 24 canne, così da sparare delle piccole cariche che esplodevano a contatto col sommergibile tenuto sotto il costante raggio dell'ASDIC. Sempre nella stessa mattinata un'altro caccia speronò l'U-531 affondandolo. L'insieme degli attacchi si concluse con l'affondamento di un'altro U-boot da parte di una delle fregate classe "Pelican". A monte di 12 mercantili affondati gli U-boot che non fecero più ritorno a casa furono sei, sicuramente in conto numerico era a vantaggio dei sommergibili tedeschi tranne che per un fatto, oramai la produzione alleata in fatto di navi aveva superato di gran lunga la produzione dei sommergibili e questo, alla fine, divenne un divario troppo grande da sostenere. Ma le cose continuavano a peggiorare, qualche giorno più tardi, durante un agguato al Largo di Halifax, nella nuova Scothia canadese, un gruppo di 17 U-boot sferrarono un attacco contro il convoglio, SC-130, composto da 38 navi e non ne affondarono nessuna di contro, Dönitz, perse sei battelli tra cui l'U-954 dove era imbarcato il figlio Peter. Ancora una volta le cose non andarono secondo gli intenti del grande stratega che ne uscì sconfitto. Entro la fine di quel terribile mese la marina subacquea tedesca perse 41 battelli, e quasi tutti a danno di aerei. Sempre di più questi eroici combattenti dovevano affrontare disagi privazioni e missioni sempre più pressanti, con sempre minor riposo, e senza rientri a casa e niente permessi. Gli orrori della guerra cominciavano a invadere lo spirito combattivo di questi magnifici combattenti, dopo tutto, uomini anche loro, esseri umani costretti dalle circostanze ad andare avanti, spinti dal quel senso del dovere che si sa dove esattamente cominci ma non dove finisca. Da un breve racconto di uno di loro si legge: ... eravamo a più di 200 metri sotto, il freddo ci irrigidiva, la tensione e la paura ci terrorizzava; le sentine erano piene di acqua puzzolente di olio e di urina perché i cessi erano chiusi a chiave, poiché servirsene avrebbe significato morte sicura. Se qualcuno avesse tentato di espellere i liquami, la pressione dell'acqua esterna si sarebbe scaricata all'interno... e chi l'avrebbe fermata più!! Il sudore si gelava nella pelle, l'umidità aumentava e si condensava nei tubi e gocciolava ovunque, in sentina sui paioli sulle apparecchiature sui vestiti che si inzuppavano, e nessuno aveva il coraggio di parlare; il solo udire il frastuono stridulo e terribile delle bombe che si scaricava sullo scafo ci faceva trattenere il respiro. Già il respiro, che era sempre più corto per le esalazioni degli accumulatori, e poi la stanchezza, che nessuno sentiva ma che a lungo andare ci spossava; gli occhi bruciavano per gli acidi e per il sonno perduto da chissà quanto tempo. Nessuno sapeva cosa pensava il compagno a fianco, ma tutti si guardavano attoniti, sfiniti. E le bombe non cessavano mai, scendemmo ancora a 250 metri e ancora niente, e il tempo passava. Tutti erano muniti di un puzzolente respiratore con un tubo ficcato in bocca e una pinza stretta sul naso, in quelle condizioni chi si addormentava poteva non svegliarsi più. L'unico pensiero comune a tutti noi, io credo, era sempre lo stesso: quando finirà e come finirà. Per quanto la speranza sia sempre l'ultima a morire, l'angoscia inevitabilmente ti assale, e ci vuole ben altro che i nervi saldi per sopravvivere, e il coraggio non basta. E' solo l'istinto che ti guida e che ti fa resistere un istante più in là dell'ultimo istante insopportabile... Pur sapendo quello che i suoi uomini erano costretti a sopportare, anche se pur ne comprendeva i disagi, Dönitz continuava a spronarli: SIATE RISOLUTI E SPIETATI... ATTACCATE E AFFONDATE... NON PREOCCUPATEVI DEL CARBURANTE... BISOGNA ARRIVARE AL SUCCESSO. Egli continuava a convogliare sempre più battelli ad un solo appuntamento, ciò nonostante non otteneva che pochi miserandi risultati. Arrivò persino a pensare che gli alleati avessero inventato chissà quale arma segreta o di cosa si servissero per la scoperta dei sottomarini, e si arrovellava il cervello alla ricerca di una risposta. Alla fine l'unica risposta risiedeva sul fatto che probabilmente anzi, sicuramente, gli alleati erano un passo avanti nella messa a punto del radar. Ma la mente vulcanica dell'uomo ancora non si dava per vinta ed arrivò quasi alla conclusione oramai logica: che i nuovi cifrari fossero stati decifrati. Alla sola idea, lo staff dei tecnici e gli esperti del Servizio Segreto della Marina Tedesca, reagì con disgusto, per loro era impossibile decifrarli e così, tali rimasero. Il codice "Triton" rimase assolutamente immutato.
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