"La Serenissima Repubblica" a cura di Alessandro BELLOTTO |
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Il senno di poi |
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La sola ombra, per così dire, che offuscò una simile vittoria è rappresentata dal contegno poco chiarificatore di Gianandrea Doria, piuttosto controverso dato il suo rango di grandammiraglio esperto di battaglie, che arrivò a battersi in sole poche schermaglie e solo alla fine e poco si contrappose al nemico, ma giusto in tempo per partecipare al bottino. Questa verità viene suffragata dal fatto che, molto probabilmente, era già nelle sue volontà l’intento di gettarsi nella mischia solo al momento opportuno, di fatto, altrimenti, avrebbe dovuto intercedere a favore di quelle poche navi della sia sinistra che da sole stavano affrontando il comparto delle navi di Uccialli. Invero è il fatto della sua tattica troppo lungamente manovrata, atta piuttosto a propendere per una latente isteresi nell’intervenire. A parte ciò, fu una vittoria completa, le cui conseguenze per i Turchi ebbero un epilogo storico di regressione in quanto potenza sul mare, essi infatti persero la loro imbattibilità che segnò l’inizio della loro decadenza. Tra le tante considerazione che oggi si possono fare alla luce di quanto allora successe, è da sottolineare il fatto che al servizio della Santa lega vi erano, già da allora, alcune tecnologie che i Turchi non possedevano, in primis, i cannoni europei provenienti in gran parte da fonderie tedesche e capaci di una balistica superiore in quanto a gittata e potenza. Gli stessi artiglieri oltre tutto ne erano spesso esercitati all’uso, cosa che i Turchi non facevano e non fecero sin a quasi il 1918. Inoltre i combattenti cristiani erano dotati di mezzi di offesa e di difesa di gran lunga più efficienti, come l’uso delle balestre e degli archibugi, i quali mezzi permisero di fare strage degli Ottomani ancor prima che le navi venissero a contatto. E poi le corazze di cui gran parte dei condottieri e dei soldati si servivano, i corsali e gli elmi o le falde rialzate degli spagnoli, rendevano quasi invulnerabili chi se ne serviva per contrastare passivamente i dardi degli infedeli. Il bottino che ne conseguì, in generale fu ingente: 117 galee e 20 galeotte ottomane furono catturate; 57 colarono a picco durante il confronto e altre 50 finirono fracassate tra gli scogli e furono poi date alle fiamme, circa 40.000 furono i morti e feriti e più di 8.000 finirono imprigionati. Oltre ai principali comandanti, nella lotta perirono molti Pascià compreso il comandante dei giannizzeri. Di contro, furono affranti dalle catene oltre 15.000 cristiani. Anche la Santa Lega ebbe a pagare un duro prezzo, e fu comunque alto: circa 7.650 cristiani persero la vita tra cui 2.300 veneziani e, oltre a Barbarico, molti altri gentiluomini perirono con onore nell’impresa. Nel complessivo i feriti furono 7.500 circa, tra i quali figura il famoso scrittore spagnolo Miguel de Cervantes, il celebre scrittore del Don Chisciotte della Mancia. Ma ancor più importanti sono le considerazioni che si possono fare a fronte della possibilità che allora non vi fosse stata una vittoria. Quali conseguenze avrebbe avuto sulla moralità e sulla sicurezza degli stati mediterranei se fossero caduti preda dei Turchi? Non solo Venezia avrebbe perduto completamente i suoi domini nell’Egeo, ma anche quelli dello Ionio e dell’Adriatico sarebbero stati a rischio e così tutta la sua economia ma, ed oltre ad essa, tutta la penisola italica avrebbe avuto delle conseguenze gravi... Europa compresa. Con il controllo delle vie di comunicazione del Mediterraneo i Turchi avrebbero costituito dei seri problemi anche alla Spagna, e sicuramente si sarebbero avvicendarsi alla conquista dell’intera penisola Balcanica: non dimentichiamo che i Turchi già controllavano tutta la Grecia, la Bosnia, Serbia, Albania, Ungheria, Transilvania, Moldavia e Malacchia. L’assedio di Vienna aveva già gettato lo Stato degli Asburgo nell’apprensione e di certo, con questa vittoria, i Turchi-Ottomani non si sarebbero testé fermati. Era un momento in cui la situazione dell’intera cristianità non era tra le più tranquille, la chiesa era alle prese con la riforma Luterana e guardava ad un rinnovo generale di alcuni suoi principi. Per usare un tono eufemistico, si può dire che i fermenti politici e religiosi erano in movimento. Un vecchio adagio suggerisce che la vita del mondo, dopo tutto, è una cavalcata del passato che si proietta nel futuro di ciascun essere, tra il futuro trainante e il passato dei ricordi e che tutto ciò che in fondo domina la storia è solamente la paura, ed è questa la sua regola portante. Il dopo Lepanto non fu poi così glorioso come la sua vittoria, le diatribe interne della Santa lega non si sopirono mai, le illusioni che quella vittoria potesse essere l’inizio di nuove ere in cui tutti sembravano credere, fu una disillusione. Una volta sconfitto il Turco e vinta la momentanea paura, le cose si arenarono nella staticità, come la sorte di Cipro, che rimase pur sempre nelle mani dei Turchi, o i fervori delle belligeranti crociate promosse dalla Santa Sede che sfumarono nel tempo. Anche la Santa Lega di lì a poco si sciolse e Venezia tornò a dipanare le diplomazie proprio con coloro che aveva sconfitto; la prima a defilarsi fu la Spagna, che volse le sue prore verso nuovi confini, verso i grandi spazi dell’oceano che rendeva così piccolo il mare nostrum, oggi i suoi nuovi avversari si chiamavano Francia e Olanda, si chiamavano Inghilterra, e il nuovo polo di attrazione si chiamava America… il nuovo miraggio di orizzonti lontani.
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