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"La Serenissima Repubblica"

a cura di Alessandro BELLOTTO

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I tempi cambiano

    

     Nell’inverno dello stesso anno, a Costantinopoli, nonostante la scottante sconfitta i Turchi diedero inizio alla costruzione di 150 nuove galee e 8 galeazze, il tutto per ricostituire la vecchia flotta sui ricordi di un recente passato che non sarebbe più ritornato poiché, solo pochi anni dopo la famigerata battaglia, il Mediterraneo, cadde in un silenzio sempre più profondo. L’impero Ottomano e la Spagna non si scontrarono più con uguale veemenza e le grandi flotte a remi si ritirarono nell’oblio. I Turchi non si espansero più e le nuove galee marcirono abbandonate per sempre nei moli di Costantinopoli, e mentre la Spagna guardava ai nuovi commerci e alle ricchezze del nuovo mondo, Venezia sembrò non ritrovare più gli antichi splendori né l'incisività di un tempo. Il suo impero così esteso e imperituro cominciava a sgretolarsi… era cominciata una nuova era, un’era dolorosa e infida… era cominciata l’età d’oro della pirateria. I pirati barbareschi, gli italici, i Dalmati, gli Olandesi, i Britannici e persino i cavalieri di San Giovanni che praticavano la pirateria nel nome di Cristo, oramai dilagavano in lungo e in largo su tutto il grande bacino e oramai, Venezia, era rimasta praticamente sola nella gestione di questo mare sempre più infido, dove le sue navi costituivano pur sempre un florido bottino e dove le vecchie galeazze, peraltro inutilizzabili col cattivo tempo, non potevano competere contro i nuovo galeoni armati con cannoni e così alti di murata da non poter essere facilmente arrembati ed inoltre, erano sin troppo veloci anche per le navi tonde. L’evoluzione tecnica nella costruzione navale, stava oramai mettendo a punto nuove navi di portata maggiore con velocità maggiori, e con un dispendio minimo di uomini rispetto alle vecchie galee. Appena 17 anni dopo Lepanto, allorquando la Spagna  si mosse contro l’Inghilterra, la sua flotta era composta da più di 130 nuove navi, e solo quattro di esse erano gelee.  Purtroppo con la scoperta dell’America per il commercio si aprirono nuovi orizzonti, il mondo si stava allargando e il mare nostrum stava diventando sempre più piccolo, i nuovi commercianti diventarono coloro che avevano le sponde che guardavano l’Atlantico: dal Portogallo alla Spagna e poi la Francia, e ancora gli Olandesi e in fine l’Inghilterra. All’inizio del XVII° secolo gli Olandesi circumnavigando l’Africa si erano impadroniti del commercio delle spezie e non solo, ma quando la Germania fu coinvolta nella guerra dei trent’anni, Venezia, perse uno dei suoi ultimi baluardi commerciali. Oramai anche Venezia per taluni traffici era costretta a servirsi di navi straniere,  più sicure più veloci più capienti e meglio armate. Che fare? A questo punto della loro storia i veneziani pensarono di risolvere il problema costruendo un galeone da 240 Tonnellate che , in pratica, altro non fece che alimentare vane speranze. A detta di uno dei senatori, questa risoluzione avrebbe sicuramente sanato parte dei loro problemi del traffico marittimo,  e non solo, ma alla vista di co’ tanta potenza i pirati avrebbero fatto bene a tenersene alla larga. Dietro a questa convinzione i veneziani vararono un altro galeone ancor più grande da 1600 Tonnellate, i cui costi erano stimati in 20.000 ducati ma, alla fine, superò abbondantemente i 43.000 e non diede i risultati che questi ultimi speravano. La sua manovrabilità e la velocità stessa non erano all’altezza di far fronte alle veloci feluche e/o ai brigantini dei pirati del mare. Era un enorme dinosauro impacciato e lento, questa volta i veneziani avevano costruito una cattedrale sul deserto, e appena 18 mesi dopo essere entrato in servizio colò a picco perché aveva preso fuoco la Santa Barbara.

Il vascello veneziano in una riproduzione d'epoca

     Anche l’arsenale, un tempo efficientissimo, subì un progressivo declino, oltre tutto era divenuto non facile procurarsi le materie prime e l’inflazione oramai stava galoppando. Già dal 1586, appena 15 anni dopo Lepanto, nei suoi scali non venivano più costruite le potenti galee e galeazze, oramai queste vecchie signore del mare che per i suoi usi abbisognavano di una quantità di uomini quasi inesauribile stavano lentamente lasciando il posto alla modernizzazione a vela. Oramai anche i cantieri privati nella città contavano i giorni prima dell’abbandono e della desolazione. Un altro aspetto poco edificante che riguardava la città, era il fatto che se non si costruivano più navi non vi era nemmeno bisogno di marinai, e questi altro non potevano fare se non arruolarsi sotto una bandiera straniera, per cui il vecchio e antico mestiere stava morendo, e con esso stava tramontando tutta la sua antica struttura portante. Le antiche famiglie che rappresentavano l’elite della forza mercantile e marinara della città, stava cedendo il posto al benessere e al vivere nella terra ferma.  Nei primi anni del XVIII° secolo, Venezia, in campo internazionale aveva perduto tutto il suo prestigio commerciale e tutto ciò per cui generazione di uomini avevano lottato. Oramai quell’antico splendore si riduceva, così come oggi accade, a qualche manifestazione di gala e alle regate nel Canal Grande. E fu così che il giorno dell’ascensione del 1796, il Doge e la corte, a bordo del Bucintoro celebrarono come ogni anno l’antica usanza dello sposalizio del mare. Al loro ritorno, come di consueto, festeggiarono con un banchetto che si apriva con pane spagnolo, panna, arance e lingua salmistrata, per continuare con spiedini di vitello bolliti, trippa, piccioni, manzo e tacchino arrosto; per ultimo vennero serviti i budini, formaggio fresco, asparagi, finocchi, carciofi, prugne e castagne, naturalmente il tutto abbondantemente annaffiato da ottimi vini e birra.  Certo le antiche usanze andavano rispettate ma, tutto sommato oramai vi era ben poco da festeggiare, poco più di tre mesi più tardi, Napoleone, già bussava alla periferia della città e il 12 di Maggio dell’anno successivo, Venezia fu costretta a capitolare, dopo mille anni di storia e di vittorie incontrastate, il Doge e il Senato dovettero rinunciare ai loro diritti ponendo così fine alla gloriosa Repubblica. La città stato era oramai vinta da eventi troppo forti per lei. La plebe, in preda a sogni di nuove libertà andava tumultuosamente festeggiando per le calli e alcuni giorni dopo, con le loro stesse navi, trasbordarono il nuovo conquistatore proprio alla soglia della loro città, proprio attraverso quel mare che oramai avevano abbandonato per sempre.

 

una veduta della storica Venezia perla dell'Adriatico