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Storia dell'Aviazione Navale Italiana

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La corazzata Cavour poggiata sul fondo dopo l'attacco alla base navale di Taranto l'11 Novembre 1940

(Foto Ufficio Storico M.M.)

 

     Passa così anche la Seconda Guerra Mondiale, e qui si allinea una dolorosa statistica...il gravoso bilancio delle perdite di naviglio subito dalla nostra Marina, dal 10 Giugno del 1940 all'8 Settembre del 1943.  Nel suo complessivo ammontava a 964 unità pari a 838.181 Tonnellate, a cui bisogna aggiungere altre 24 unità perdute durante la "cobelligeranza". Alla conclusione del conflitto in Europa, che porta la data dell'8 Maggio 1945, la Marina Militare possedeva ancora un notevole deterrente navale che allineava ancora 152 unità da combattimento e 188 altre unità minori ausiliarie per un dislocamento complessivo di 367.490 Tonnellate. Nonostante il contributo sostenuto a favore degli alleati, le potenze vincitrici imposero all'Italia la consegna di 162 navi da combattimento e ausiliarie per un complessivo di 198.154 Tonnellate; Stati Uniti e Regno Unito non incorporarono alcuna unità mentre la Francia, l'Unione Sovietica, la Jugoslavia e la Grecia si spartirono le navi italiane in conto riparazioni per danni di guerra, tranne che per le unità da battaglia Vittorio Veneto e il Littorio che furono demolite in ottemperanza alle quote previste.

     Il 10 Febbraio 1947, viene firmato a Parigi il trattato di pace fra Italia e le potenze vincitrici alleate e tra le specifiche sottoscritte figura l'Art. 59 di cui al punto 2 della Sez. III recita le limitazioni della Marina Italiana..." nessuna nave portaerei, nessun sommergibile o altra unità sommergibile, nessuna motosilurante, nessun tipo di di navi d'assalto potrà essere costruito acquistato, impiegato o sperimentato dall'Italia"; al punto 3 del medesimo Art. 59 specificava il tonnellaggio globale che non poteva superare le 67.000 Tonnellate, ivi escluse le due corazzate rimodernate Duilio e Doria oramai considerate "eccedenti" perché risalenti alla prima guerra mondiale. Le uniche unità maggiori rimaste a nostra disposizione erano gli incrociatori: Duca degli Abruzzi, Garibaldi e Montecuccoli. E ancora al punto 1 dell'Art. 60 era ivi specificato  che il personale non poteva superare le 25.000 unità. Non di meno furono le limitazioni per l'Arma Aeronautica che ne limitava la forza in soli 200 apparecchi da caccia e 150 apparecchi da trasporto ricognizione e salvataggio in mare e addestramento.

     Come direbbe l'uomo comune: "peggio di così le cose non potevano andare", semmai a questo punto le FF.AA. italiane si venivano a trovare in una posizione di interludio, cioè a dire: "potevano solamente risalire la china".

     Nell'immediato dopo guerra però la situazione Europea si stava avviando verso la cosi detta "guerra fredda", giuoco forza, era necessaria la creazione di una forza di contrapposizione che, di fatto, diede vita al "Patto dell'alleanza Atlantica" al quale aderirono un certo numero di Nazioni tra cui l'Italia. La firma del trattato venne posta il 4 Aprile del 1949 a Washington. Col nuovo impegno militare assunto che implicava un nuovo attivo riarmo, per l'Italia, le clausole limitative del trattato di pace del 1947 venivano automaticamente a decadere, si poteva così addivenire alla ricostituzione delle nostre Forze.

    Nel difficile periodo post bellico inizia così il faticoso e lento processo di ricostruzione, e I'Italia viene aiutata dagli Stati Uniti che, nell'ambito del MDAP (Mutual Defence Assistance Program), che cedono al nostro Paese materiali provenienti dai loro surplus bellici.

    Tra gli aiuti destinati alla nostra Nazione è compreso un primo lotto di ventiquattro Curtiss S2C-5 Helldiver, un bombardiere mono-motore equipaggiato con apparecchiature radar per la lotta antisommergibili.

      Nel 1950 i velivoli che giungono in Italia vengono presi in carico dall'Aeronautica Militare che li inquadra nell' 86° Gruppo Antisom presso l'aeroporto di Grottaglie.

     Intanto, nello stesso anno, il Capo di Stato Maggiore della Marina Militare si reca negli Stati Uniti per valutare la possibilità di acquisire una portaerei leggera che i neo-alleati sarebbero disposti a cederci, ma i costi di gestione di un'unita di questo tipo sono insostenibili, il conflitto aveva messo in ginocchio l’economia del nostro Paese, e con grande senso di responsabilità la Marina Militare decide per il momento di rinunciare  alla sua portaerei.    

 

 

 

 

 

 

 

 

Ricognitore Ro 43 pronto ad essere catapultato dalla corazzata Vittorio-Veneto

(Foto Ufficio Storico M.M.)

(appendice tre)

 

 


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