I
leggendari Clipper a cura di Alessandro BELLOTTO
|
||||
Le circostanze
A questo punto vi furono tre concause che si
avvicendarono sulla scena storica e che contribuirono ad accelerare i
tempi, la prima delle quali prende il nome di
John Willis Griffiths. Questi era figlio di un maestro d’ascia e anch’egli come il padre era alle
dirette dipendenze dell’arsenale di Portsmouth-Virginia. Il giovane John
però, come molti, era alla ricerca di una propria identità così si trasferì
a New York dove fu assunto dal già noto cantiere navale di Smith &
Dimon. Il nuovo arrivato aveva una vera e innata passione per la
matematica, specie quella applicata ai problemi della costruzione navale e
alle leggi fisiche che ne regolavano il moto. Così con la mente aperta ai
nuovi sviluppi, si mise a studiare più da vicino la linea dello scafo
proprio dell’Ann Mckim, e si convinse che a renderla più
veloce era proprio la
forma snella dello scafo con la prora affilata ed inoltre, dato sì che il
giovane talento aveva eseguito degli studi particolareggiati sul
comportamento di varie forme di natanti, trainandoli in apposite vasche,
aveva scoperto che una poppa troppo affinata rendeva lo scafo troppo
esposto agli attriti idrodinamici, causati dai vortici, che trattenevano la
nave, e ciò, lo convinse
oltre modo che molti principi costruttivi e universalmente accettati erano
senza dubbio sbagliati. La seconda concausa, fu che nel frattempo si concluse la sanguinosa "guerra dell’oppio" (appendice A) tra Inghilterra e Cina durata due anni e, col trattato di pace del 1842 firmato a Nanchino, Hong Kong veniva consegnata agli Inglesi e inoltre, altri cinque porti venivano aperti ai traffici commerciali anche con altri paesi. Questa nuova apertura incrementò rapidamente i traffici da e verso la Cina, e il risultato fu che i cantieri navali di New York furono sommersi di richieste di nuove navi che fossero in grado di raggiungere il paese dei mandarini, il più rapidamente possibile. Gli americani diventarono così grandi estimatori dei loro prodotti: seta, tè, compresi i fuochi d’artificio, ivi compreso anche il traffico dell’oppio. La terza concausa, ancora più provvidenziale e non meno importante, fu l’apporto importantissimo di un altro uomo, Matthew Fontane Maury, (foto 05) un tenente di Marina del Tennessee, il quale per un malaugurato incidente rimase zoppo e non risultando così più idoneo alla navigazione, nel 1842, la Marina lo trasferì a Washington relegandolo dietro un mucchio di carte in un remoto ufficio del Ministero. Maury si trovò così a catalogare una nutrita raccolta di giornali di bordo che riportavano delle notizie molto dettagliate riguardanti: le condizioni atmosferiche, direzione e la forza dei venti nei vari periodi dell’anno, ivi compreso l’andamento delle correnti oceaniche legate ai mutamenti stagionali. Detti giornali erano anche corredati di molte osservazioni personali riportate dai vari comandanti. Per Maury tutte queste notizie rappresentarono una miniera di dati e una volta elaborati e riportati sulla carta planisferica, rappresentavano uno strumento quanto mai utilissimo per la navigazione. Uno dei punti salienti della sua ricerca, oltre ai venti, fu il selezionare i passaggi più idonei per ovviare le zone di bonaccia in cui le navi, a volte, si arenavano per giorni. Egli scoperse che esse potevano mutare a seconda del periodo dell’anno. Per i naviganti queste zone rappresentavano dei veri impedimenti all’avanzamento simili a montagne, però, queste alture potevano avere dei valichi come una sorta di transiti, perciò egli tracciò una mappa delle zone di calma più limitate lungo la fascia equatoriale. Nel 1847 Maury, previo il consenso dalla marina, pubblicò i suoi resoconti raccolti in un unico volume intitolato “carte dei venti e delle correnti”. Subito le mentalità ataviche dei vecchi Capitani non accettarono di buon grado i consigli di questo giovane ufficialetto che aveva al suo attivo solo un decennio di mare.
Ci fu però il comandante di un brigantino a
palo, lo W.H.D.C Wright, (il
termine a palo sta a significare che si tratta di un tre alberi) che volle
mettere in atto le nuove direttive, si trattava del Capitano Jackson, il
quale salpò da Baltimora per Rio e impiegò rispettivamente 38 giorni
all’andata e 37 al ritorno. Complessivamente risparmiò 35 giorni
rispetto ai vecchi standard di navigazione. Al suo arrivo a Baltimora la
notizia dilagò nel mondo marittimo
cosicché, da allora, non vi fu comandante che non le utilizzasse.
|
|