I
leggendari Clipper a cura di Alessandro BELLOTTO
|
||||
Il primo clipper Griffiths intanto pubblicò a sua volta le nuove teorie costruttive, ovviamente, non furono altrettanto ben viste dai vecchi costruttori, i quali erano assolutamente certi che una prora così affilata si sarebbe senz’altro inabissata non appena si fosse affacciata nello scenario di Capo Horn. Imperterrito, Griffiths, continuò per la sua strada assolutamente convinto che le sue innovazioni sarebbero state più che sicure, oltre ad assicurare una maggior andatura di navigazione. Finalmente, spinti dalle nuove esigenze di mercato, gli armatori Howland & Aspinwall, decisero di commissionare al cantiere Smith & Dimon una nuova nave, il Rainbow, secondo i nuovi criteri costruttivi di Griffiths, ma quando i lineamenti dello scafo incominciarono a delinearsi, una folla di vecchi Capitani, progettisti e mercanti si riversarono nel cantiere per osservarlo da vicino e, cosa da prevedersi, lo criticarono talmente che i due armatori per timore di cogliere un grosso abbaglio fecero sospendere i lavori anzi, spedirono un loro agente in Inghilterra per avere dei pareri sul progetto. Nel contempo un’altro uomo di mare si impose all'attenzione, il Capitano Nathaniel B.Palmer, che aveva al suo attivo una notevole esperienza di navigazione e godeva perciò di un’ottima reputazione come comandante. Egli aveva lungamente navigato a bordo dell’Hero, una corvetta adibita alla caccia alle foche, spingendosi molto a Sud nell’Atrantico meridionale e, di fatto, lo si può considerare uno dei primi naviganti ad aver visto l’Artico; aveva inoltre navigato lungo le rotte New York-Liverpool e, ancor più, aveva battuto la rotta cinese con il Paul Jones, un vecchio postale dalla grossa prora estremamente lento. Egli in base alle proprie esperienze e al proprio intuito, stava maturando un’idea molto simile a quelle di Griffights. Palmer però sosteneva che lo scafo anziché essere costruito a "V" doveva essere piatto, soprattutto per due ragioni: la prima, perché lungo le rotte con la Cina gli consentiva di passare sopra ad eventuali banchi di sabbia o barriere coralline e la seconda, consentiva un miglior stivaggio (foto 09) delle merci. Tutto questo però non aveva nulla a che vedere con la velocità. Il fatto che l’opera viva fosse piatta (il termine, opera viva, si riferisce alla tutta la parte immersa dello scafo) stava semplicemente a dimostrare che la nave pescava molto meno, dopotutto, l’idrodinamica non metteva in correlazione quale tra i due tipi di scafo avesse migliori prestazioni, semmai, ciò riguardava più da vicino un'altro aspetto: la stabilità. William H. Low era il rappresentante e socio della compagnia di navigazione A.A.Low & Bro il quale, forse più lungimirante di Howland & Aspinwall, diede incarico al cantiere Brown & Bell di costruire uno nuovo scafo sulle idee del Capitano Palmer. La nave col nome di Houqua fu varata il 3 Marzo del 1844. I giornali dell’epoca definirono il bastimento: elegante e affilato come un cutter, simmetrico come uno yacht e attrezzato come una nave pirata e la prora era sottile come una scarpina cinese. La polena incastonata sotto il bompresso rappresentava il busto di Houqua, uno stimato mercante cinese. Il 31 Marzo il comandante Palmer salpò alla volta di Canton e giunse a destinazione in 95 giorni, ben 16 giorni in meno della sua precedente traversata compiuta l’anno precedente col Paul Jones, e ancor meno impiegò al ritorno, solamente 90 giorni; ben 23 giorni in meno rispetto sempre all’anno precedente. Ma allora, l’Houqua, era da considerarsi un Clipper? Non proprio. Nonostante la sua linea lunga e snella a gli alti alberi ne facessero un degno precursore.
Allo stato delle cose Howland &
Aspinwall si decisero a dare il luogo a procedere per ultimare il Rainbow.
Il varo avvenne il 22 febbraio del 1845, quasi un anno dopo il varo
dell’Houqua. Anche questa nave però, pur avendo lo scafo ancora
più affilato e le alberature più alte, è da considerarsi un
progenitore di quello che effettivamente saranno i futuri Clipper.
Sfortunatamente durante il suo viaggio inaugurale in rotta per la Cina, il
Rainbow, incappò in una serie di contrattempi. In primo luogo perse gli albereti di velaccio a causa di una burrasca
che rallentarono la corsa e, in secondo luogo, cosa assai importante, la
nave salpando in ritardo nella stagione per il rallentamento dei lavori,
si trovò a fronteggiare il monsone contrario proprio sul mar della Cina.
Nonostante tutto, alla fine, il Capitano Land riportò a casa la nave
stabilendo un buon tempo e, nonostante non fosse da record, il viaggio
rese ai due armatori più del doppio del costo della nave. Ma i tempi
incalzavano e Howland & Aspinwall cercavano di anticiparli
commissionando al cantiere Smith & Dimon una
nave ancora più veloce. A questo punto entra in scena il Capitano Robert H. Waterman che già lavorava per la compagnia. Questi era ben conosciuto nel mondo marittimo per i record stabiliti nei suoi precedenti viaggi e così, "pensavano i due armatori", cosa non avrebbe potuto fare con le sue capacita marinare e una nuova nave se non di ridurre ulteriormente i tempi di percorrenza?
Il
connubio Griffiths-Waterman si rivelò magico; il talento brillante del
tecnico navale unito all’esperienza dell’ardimentoso Capitano crearono
il primo vero Clipper, il Sea Witch.
(foto
03)
Warterman salpò l’ancora da New York per la Cina il 27 Aprile del
1848, ma questa volta fece la rotta opposta, mise cioè la prora a
occidente puntando a Capo Horn, una volta doppiato il Capo, puntò verso
Nord fiancheggiando il Cile per far scalo a Valparaiso, dopodiché,
attraversò l’oceano pacifico puntando direttamente su Hong Kong e vi
arrivò in soli 121 giorni. Dopo una sosta di qualche settimana, ai primi
di Gennaio caricarono il tè della nuova raccolta e
il giorno 9 di Gennaio 1849, Waterman, sigillati i boccaporti, salpò
per la
|
|