Le fregate americane del 1797

a cura di Alessandro BELLOTTO

 

 

 

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I corsari barbareschi

    Soddisfatto dai tributi che riceveva, il Day di Algeri oramai non aveva più alcun interesse a creare problemi ai mercantili americani ma, come si sa, estorsione genera estorsione, e questa volta erano i corsari tripolini a creare problemi. Sicuro nella sua fortezza il pascià di Tripoli, Yosef Karamanli, astutamente pensava che avrebbe potuto estorcere denaro agli Stati Uniti, dopotutto anche a lui era un corsaro le cui tradizioni si perdevano nelle notti dei tempi.

   I corsari del nord-Africa infatti cominciarono a spadroneggiava nel mediterraneo a caccia di prede di oro e di schiavi sin dalla caduta dell’Impero Romano. E così avvenne che al console americano a Tripoli, Leander Vathcart, fu recapitata la singolare richiesta: previo il pagamento di 20.000 dollari annui, il pascià avrebbe permesso il libero transito delle navi mercantili americane. 

   Quando la richiesta oltrepassò l’oceano, scateno l’indignazione di tutti tra cui lo stesso presidente Jefferson che dichiarò: accettare questa nuova imposizione sarebbe come “sprecare denaro”. Si trattava ora di abbandonare i commerci col mediterraneo o salvaguardarlo con l’invio di una flotta di copertura. Fu dunque deciso di inviare alcune navi da scorte e il 2 Giugno 1801 queste salparono dalle coste della Virginia dirette nel mediterraneo. Facevano parte del convoglio la President nave ammiraglia da 44 cannoni, la Philadelphia da 36 cannoni, la Essex da 32 cannoni e uno schooner  Enterprice da 12 cannoni. 

   A bordo dell’ammiraglia vi era il comandante Richard Dale

   Al suo arrivo, il 24 Luglio, quest’ultimo venne a sapere che il pascià di Tripoli aveva dichiarato guerra a gli Stati Uniti.  Dale non perse tempo e subito pose un blocco navale impedendo ai tripolini di prendere il mare.

   L’intera squadra intanto venne a trovarsi a corto d’acqua, così Dale inviò a Malta la Enterprice sotto il comando del tenente Andrei Sterret, per farne rifornimento. Fu durante il trasferimento che quest’ultimo si imbatté nella Tripoli, la nave da guerra del pascià da 14 cannoni; Sterret molto astutamente si pose nelle condizioni di avvicinarsi ai tripolini con un singolare stratagemma, cosa assai frequente a quei tempi.  Sterret ben sapendo che Tripoli era in pace con l’Inghilterra, issò sul pennone la bandiera inglese, questo gli permise di accostarsi e chiedere al suo avversario come mai avessero preso il mare, la risposta fu: “siamo a caccia di americani”, il tenente Sterret non perse tempo, ammainò la bandiera britannica e isso quella americana ordinando al contempo ai suoi uomini di far fuoco con i moschetti contro il ponte della Tripoli. Subito vi fu una reazione disordinata al fuoco e la cosa si protrasse per quasi tre ore, alla fine, il comandante corsaro, ferito gravemente, si arrese gettando la propria bandiera in mare. Degli 80 uomini di equipaggio della Tripoli, 30 rimasero uccisi e altrettanti furono feriti mentre, al culmine della audacia, nessun americano rimase minimamente ferito. 

   La notizia della strabiliante vittoria di Sterret galvanizzo il Congresso, addirittura venne concesso un elogio scritto ed un mese di paga extra per tutto l’equipaggio.

   Dunque il blocco stabilito dal comandante Dale funzionò a dovere e conferì un lungo periodo di calma lungo le rotte commerciali, nel frattempo, sul finire del mese di aprile dell’anno successivo, Dale, ritorno a Norfolk con la President perché la ferma di gran parte dell’equipaggio stava per scadere. Ma una volta rientrato i  patria, al colmo degli eventi, una disputa sul suo grado fece sì che Dale desse le dimissioni. Il fatto era che quest’ultimo desiderava essere promosso ammiraglio, ma tale grado non era ancora contemplato nelle file della Marina da Guerra e il Congresso si rifiutò categoricamente di istituirlo.

   Così fra alterni avvicendamenti a capo della squadra ed altre inevitabili scelte altrettanto poco avvedute, finalmente si arrivò alla nomina di un comandante che fosse all’altezza del suo incarico, il capitano Edward Preble.

   Per tenere alto il livello di addestramento dei suoi equipaggi Preble usava spesso farli esercitare alla navigazione, soprattutto al tiro dei cannoni così, appena giunto nel mediterraneo, egli si apprestò ad effettuare periodicamente delle esercitazioni, e così avvenne che proprio durante una di queste manovre che si svolgeva in mare aperto, accadde un fatto molto increscioso e quanto mai inaspettato. 

   Prima di allontanarsi con il grosso della flotta, Preble lasciò la fregata Philadelphia e il Vixen a mantenere il blocco di Tripoli. Era il mese di Ottobre,  ed una vedetta del Philadelphia segnalò  la presenza in mare di due navi tripoline, subito capitano Baindbridge si predispose all’inseguimento ma, colmo della sfortuna, la nave si incagliò su di una secca non segnata dalle carte. Un vero guaio perché si trovò presto in difficoltà, la Philadelphia era troppo inclinata per usare i cannoni e, immobilizzata com’era, divenne presto preda dei tripolini che accorsero in gran numero, Baindbridge era impossibilitato a difendersi e per evitare un inutile spargimento di sangue si arrese. La grande fregata era perduta e più di 300 americani caddero nelle mani di Yusef Karamanli il pascià. Peggio ancora fu quando i Tripolini, per effetto dell’alta marea, riuscirono a disincagliare la nave e rimorchiarla nel porto di Tripoli. Non si poteva certo lasciare una fregata di quella portata nelle mani di quei marrani, bisognava a tutti i costi fare qualcosa. Preble decise allora di distruggere la Philadelphia e scelse Stephen Decatur per condurre l’azione, con il tassativo ordine di distruggere la nave e di non avventurarsi in altre imprese. Prima di effettuare l’assalto Decatur attese una notte senza luna, e con 60 volontari a bordo della Intrepid si portò sotto la prora della Philadelphia si arrampicò sulle catene dei venti del bompresso arrembando la nave; i tripolini presi alla sprovvista non opposero molta resistenza e furono presto sopraffatti. Decatur ligio agli ordini, pur e se a malincuore,  fece appiccare il fuoco nei vari punti della nave. Ben presto l'incendio si propagò ovunque anche sui cavi di ormeggio, così la grande fregata sospinta dalla brezza di mare andò alla deriva nel porto e nelle prossimità della torre del pascià esplose con una terribile detonazione. Nel frattempo Decatur e i suoi furono recuperati tutti indenni. Questa brillante azione, compiuta con estrema audacia, fece del venticinquenne Decatur un autentico eroe nazionale. Il Congresso per avvalorare un gesto si tanto temerario, lo promosse al grado di capitano, e a testimonianza del coraggio dimostrato gli fece dono di una sciabola damascata. (foto 12)  

   Decatur fu coinvolto ancora in successivi attacchi che Preble rivolse contro la città di Tripoli, comandando il giovane capitano in azioni simultanee mentre la Constitution bombardava le batterie del castello. Tali azioni non erano intese a conquistare la città ma bensì di indurre il pascià a liberare gli ostaggi, ivi compreso il capitano Baindbridge, ma testardamente egli si rifiutò nonostante i gravi danni che i bombardamenti avevano causato. Furono effettuate ancora altre azioni di guerriglia e bombardamenti, in  Agosto e ancora in Settembre che distrussero ulteriormente Tripoli. (foto 11) Fu anche tentata una azione con l’ Intrepid, trasformandolo in un brulotto, ma l'esito non fu altrettanto fortunato e i componenti dell'azione morirono tutti. Ancora oggi non si sa esattamente come siano andate le cose, forse un colpo di cannone sparato dalle mura lo colpì facendolo esplodere uccidendo i 12 valorosi.

   Alcuni giorni più tardi arrivarono i rinforzi e con essi il nuovo commodoro, Samul Barron, il quale essendo più anziano di Preble assunse il comando dell’intera squadra. Finalmente Preble poté rientrare a Waschington, dove fu accolto con onore e il Congresso gli donò una medaglia d’oro (foto 10) a testimonianza delle sue eroiche imprese.  Intanto a Tripoli le azioni continuarono e indussero Yusef Karamanli alla resa e a stipulare un trattato con il quale cessava le sue scorribande a carico delle navi mercantili americane e,  previo il pagamento di un modesto compenso, liberò tutti gli ostaggi.

   La guerra nel mediterraneo era finita sottolineando la determinazione e le capacità della Marina da Guerra americana.

 

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