I
Vascelli da guerra a cura di Alessandro BELLOTTO
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Le nuove potenze
Al volgere del secolo però si
stavano affacciando all’orizzonte due nuove potenze commerciali che
avrebbero causato il declino della vecchia signora. Una di queste potenze era
l’Inghilterra, che guardava alle nuove esplorazioni commisurando ad esse, la
possibilità di una espansione territoriale. Lo scontro con la Spagna fu
inevitabile, questo portò gli Inglesi ad un conseguente sviluppo di un
naviglio armato di dimensioni sempre più di grandi, proprio per poter
contrastare la sovranità marittima della potenza iberica e/o di chiunque
altra potenza, ivi compresa la nuova potente repubblica dei Paesi Bassi,
che dal vicino mare del nord, inviava oramai da tempo flotte di mercantili ben armati verso le coste africane o nell’estremo
oriente, con l’intento di far propri i commerci della vecchia corona.
Naturalmente, i disegni espansionistici portarono inevitabilmente queste
due potenze a degli atteggiamenti sempre più contrastanti, perché
nessuna delle due avrebbe mai lasciato nelle mani dell’altra la preziosa
eredità del monopolio spagnolo.
La prima guerra anglo-olandese scoppiò nel 1652 e la seconda circa
un decennio più tardi, nel 1665, ma le sanguinose battaglie, dopo tutto,
non portarono a nulla di definitivo, entrambe le potenze riconobbero più
tardi che il mondo era abbastanza grande, quel tanto da non precludere e
nessuna delle due i propri commerci.
Tuttavia queste guerre
contribuirono a sviluppare sostanzialmente due cose:
la prima,
l’evoluzione di un nuovo strumento di guerra, cioè un nuovo tipo di
nave molto più grande e potente, il “Vascello”,
il cui scopo primario era quello di poter affrontare il nemico in mare aperto e, all’occorrenza, per
scortare i propri convogli mercantili; la
seconda, segnò l’avvento di
una nuova marina da guerra, più moderna, con delle nuove modalità di impiego e nuove
tattiche di combattimento accompagnate da una nuova disciplina marinara,
insomma, una nuova arte nel combattimento in mare, vale a dire: la
nascita di una marina da guerra governativa, con proprie unità ed equipaggi ben
addestrati. Ma, facendo un passo a ritroso nella storia, si può tranquillamente osservare che il mondo medioevale era molto circoscritto e i traffici erano sostenuti in gran parte via terra o per via fluviale, tutt'al più, all’interno del mare nostrum, sempre a stretto contatto di gomito con lo stesso sviluppo delle civiltà mediterranee o semmai, con quelle asiatiche dell’estremo oriente. A tal proposito, per un insieme di ragioni, l’arte di combattere per mare a difesa di opposti interessi, non aveva ancora trovato una sua specifica identità poiché, nel medioevo, la prerogativa di combattere orbitava senz’altro attorno al castello, dove la Corte, esaltava al culto del cavaliere e il principale uso delle navi come deterrente bellico, era unicamente quello di trasportare detti cavalieri e/o gli eserciti sino al luogo in cui si doveva combattere. Molti sovrani quindi, non disponevano di navi adatte allo scopo e gioco forza, le requisivano o le noleggiavano dai trasportatori mercantili sudditi. In tali circostanze le navi venivano temporaneamente munite di opportune fortificazioni a difesa da eventuali attacchi nemici. Fu proprio questa l’origine dei castelli di prora e di poppa che, principalmente, servivano come protezione contro le frecce scagliate dal nemico. Talune volte queste difese passive, erano dotate di feritoie per permettere a loro volta di lanciare contro l'avversario, frecce incendiarie servendosi di piccole balestre o lanciare proiettili di pietra, tramite catapulte fissate sul ponte della nave. Certamente questi erano dei sistemi di offesa fin troppo deboli, di scarsa efficacia, al più si potevano sostenere delle piccole scaramucce e di fatto, principalmente, la tecnica più utilizzata consisteva nello speronare la nave avversaria per poi lanciarsi all'arrembaggio, (foto 06) scatenando così una vera e propria mischia di uomini armati di rampini sciabole pistole asce e quant'altro. Naturalmente, l'esito della battaglia era sempre imprevedibile; di solito si concludeva con la cattura del Comandante avversario a cui faceva seguito l'obbligo ammainare la bandiera in segno di resa. Per poter svolgere un combattimento navale vero e proprio, occorrevano mezzi di ben altro effetto e che tenessero il nemico più a debita distanza…insomma, il cannone (foto 08). Senza dubbio quest’arma poteva avere una gittata tale da tenete sì il nemico a distanza e di infriggergli nel contempo seri danni, però per ottemperare a queste esigenze, bisognava disporre di cannoni di grosso calibro, quindi molto pesanti e piuttosto ingombranti, senza contare il gravoso problema del rinculo che rischiava di far rovesciare la nave sul fianco.
Occorsero molti anni ancora prima di riuscire ad ottenere
in tal senso un risultato quanto mai soddisfacente, non solo, ma bisognò
che maturasse anche la necessità di portare la guerra al largo, in difesa
del territorio da eventuali tentativi di sbarco da parte di un invasore.
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