I
leggendari Clipper a cura di Alessandro BELLOTTO
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Le innovazioni costruttive All’epoca, una delle maggiori difficoltà che tutti i costruttori di naviglio mercantile incontravano, dovuta alla richiesta sempre più crescente, era quella di poter dare al legname necessario alla costruzione, il giusto tempo per la stagionatura. La cantieristica inglese aveva sempre dato molta importanza a questo fattore perché lo riteneva determinante ai fini della durata della nave stessa. Era evidente che ciò avrebbe causato non pochi problemi, così accanto ai tradizionali Clipper costruiti in legno, se ne aggiunsero di nuovi costruiti in ferro fra i quali, l’Urricane, realizzato nel cantiere di Alexander Steghen di Glasgow nel 1853 di 979 T. e lungo 65.22 mt. Questa innovazione sul nuovo modo di costruire le navi, a dire il vero, non incontrò molto favore; il fatto era che lo scafo in ferro, secondo le discutibili idee dei vecchi maestri d’ascia, sarebbe stato poco elastico nell’assorbire le oscillazioni degli alberi ma, ancor più, sempre secondo l’opinionistica dei commercianti, il tè stivato per mesi all’interno di un ambiente così ermetico e ferroso, avrebbe perso la sua fragranza. Nacque così l’idea di realizzare i nuovi Clipper con un sistema detto “composito” che consisteva nel realizzare l’ossatura in ferro, cioè: la chiglia, i paramezzali e le ordinate, rinforzate da correnti sotto i ponti e dai trincarini. Il tutto veniva poi rivestito dal fasciame in legno. Anche le alberature furono realizzate in lamiera sagomata e le manovre fisse in canapo vennero sostituite da cavi metallici. Questa nuova tecnica fu sperimentata e brevettata in un cantiere a Liverpool da John Jordan, figlio del disegnatore del cantiere MacIntire & Sons. Il vantaggio che ne derivava dalla costruzione composita era di una maggior robustezza a scapito però di alcuni altre inconvenienti quali: maggiori costi costruttivi, che venivano però opportunamente assorbiti da noleggi più onerosi e, non da ultimo, dall’annoso problema della corrosione del metallo ad opera delle correnti galvaniche. Allora si tentò di ridurne l’effetto impiegando dei bulloni in ottone e interponendo del caucciù tra la parte ferrosa e il fasciame. (Purtroppo questo fenomeno esiste ancora oggi, ed è stato assorbito ma non eliminato del tutto, ponendo dei pani di zinco in prossimità delle zone stellate, del timone o vicino alle prese a mare).
Bisognò
attendere il 1857 perché fosse varato il Red Robin Hood il primo
clipper composito e, comunque, occorsero ancora alcuni anni prima che
questa nuovo sistema di cantieristica diventasse di comune impiego. Quello che realmente avvenne in tutti i cantieri del Regno Unito, dopo lo storico attracco dell’Oriental, fu un vera e propria corsa agli armamento, mai si era visto produrre tante navi in legno o in composito in tempi così brevi. I Clipper venivano sfornati ad un ritmo incalzante e raggiunsero un apogeo ancor più alto rispetto i loro predecessori d’oltre oceano. Fra questi nuovi bastimenti vi furono anche delle accezioni come il Sobraon, varato dai cantieri di Alexander Hall nel 1866, al quale compete sicuramente il record per le sue innovazioni e comodità che poteva offrire ai passeggeri. Di stazza superiore a tutte le navi a vela sino allora costruite, ben 2131 T., era dotato di frigoriferi per la conservazione delle derrate alimentari, possedeva inoltre un condensatore per produrre acqua dolce e, cosa non da poco, aveva a bordo alcune specie di animali vivi che potevano fornire carne fresca, uova e lette fresco. Il Sobraon seguì sempre la rotta da e per l’Australia. Vi furono anche altre navi, costruite in ferro che, secondo gli esperti, vennero classificate di alto pregio, come il Patriarch del 1869, fu definito senz’altro il bastimento più elegante del Regno Unito. Era lungo 67.40 mt. (stazzava 1405 T.) e la sua robustissima alberatura per la durata della sua vita non ebbe che pochi e lievi danni, compì il suo viaggio inaugurale lungo la rotta Australiana in soli 74 giorni arrivando a percorrere sino 377 miglia in un giorno. Malauguratamente naufragò nel 1911 al largo del Rio della Plata.
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